Ricordo quando qualche elicottero atterrava nella piazzola verde dietro l’ex padiglione della medicina, all’interno dell’ospedale di Dolo. Questo per dire che una piazzola per elisoccorso ha senso se è ubicata all’interno e non all’esterno della struttura sanitaria. A parte questo reputo che una piazzola che possa essere utilizzata per 24 ore è cosa utile, ma è certo che non potremmo utilizzarla per soccorrere pazienti critici in loco. Già perché l’ospedale di Dolo non è in grado di assicurare l’emergenza in nessun campo. Naturalmente sto parlando di emergenza verificatasi all’esterno dell’ospedale giacchè per i ricoverati , se si arriva ad avere bisogno dell’elicottero, significa che si è perso tempo nella diagnosi immediata. Per non parlare del fatto che si perderebbe ulteriore tempo nel trasporto alla piazzola ubicata all’esterno. Il grave politraumatizzato, l’infartuato, l’ ustionato grave tutti pazienti, che una volta valutata in loco la serietà della patologia, dovrebbero immediatamente prendere il volo per le destinazioni più attrezzate senza passaggi inutili. Quello che alla fine dispiace è che un territorio di 250 mila abitanti sia giudicato, per quanto concerne gli ospedali ivi allocati, un passaggio inutile . E’ mancata la capacità e la volontà politica di richiedere un ospedale unico per questo territorio e che, se ci fosse stata unità negli intenti, avrebbe contato come una città altrettanto popolosa al pari di quelle città che hanno 250 mila abitanti che posseggono strutture adeguate per affrontare la maggior parte delle emergenze. Non tutte chiaramente.
Ritornando al discorso iniziale e a mo’ d’ esempio, l’altro giorno nella piazzola di rifornimento di benzina ad Arino un uomo si è sparato, l’elicottero sopraggiunto è comodamente atterrato nel terreno circostante e lo ha immediatamente trasportato a Padova. Certo se il fatto fosse accaduto di notte ci sarebbero volute le luci di posizione, ma questo è un altro discorso.
Archivio mensile:Settembre 2018
La Serenissima Caserma “Macron”.
In caserma, ai tempi in cui ero militare di leva, venivamo avvertiti qualche settimana prima dell’ispezione del Generale. Tutto doveva essere in ordine e profumato di pulito e se mi avessero chiesto com’era il cibo dovevo rispondere ottimo ed abbondante. L’ispezione della V commissione all’Ospedale di Dolo dell’altro giorno mi ha ricordato quelli della naia. Avvertiti in tempo sono state ridipinte alcune pareti di muri scrostati e sembra che si siano usati spray deodoranti prima del passaggio dei Consiglieri Regionali. Dopo aver constatato che i lavori del Pronto Soccorso erano forse fermi, e dico forse perché si sentiva il rumore di una ruspa messa in azione per l’occorrenza, hanno promesso che la situazione si sarebbe presto sbloccata.
Ma non è di questo che voglio scrivere a me preme accertare se c’è analogia fra l’Ospedale e la Caserma.
Notiamo intanto come in Ospedale al pari della Caserma c’è una gerarchia di gradi : il Generale naturalmente è il Direttore mega-galattico, poi ci sono i colonnelli che sono il Direttore Sanitario, quello Amministrativo e quello del Sociale. Poi a scendere i Maggiori che sono i Primari dei vari reparti e così via fino ad arrivare alla truppa che poi è quella che manda avanti la baracca. Come in Caserma la trasmissione dei messaggi deve avvenire per via gerarchica per cui se ci sono lamentele dell’Intruppato queste vanno rivolte al Caporale che a sua volta le trasmette al Sergente che poi li trasmette al Tenente e così via fino ad arrivare al Colonnello che non capendo il significato della lamentela non la trasmette al Generale che d’altra parte, ama ricevere solo lodi e buone notizie. Il più delle volte accade che il Maggiore avendo famiglia e mutuo da pagare si guarda molto bene dal trasmettere le sue lamentele e quelle dei suoi subalterni e le affida chiuse in una bottiglia al mare sperando che qualcuno le raccolga. Non così accadde nei primi mesi de 1996 quando un intruppato – a riguardo c’è ampia documentazione che verrà fornita su gentile richiesta – incitò i Maggiori e i Tenenti a scrivere una lettera aperta alla Cittadinanza ( novanta firme) che denunciasse i malesseri di un Ospedale che stava avviandosi, con le cosiddette riforme, ad essere declassificato. Non solo, ci fu un Consiglio Comunale sotto l’Amministrazione Vannini in cui tutti i medici parteciparono e fecero sentire la propria voce. Poi, forti di diecimila firme di cittadini, l’Ospedale di Dolo finalmente ottenne la guardia cardiologica notturna. In pratica si creò un ammutinamento e si ottenne il minimo. Oggi non c’è nessun Maggiore che abbia il coraggio di dire come effettivamente sta il suo più Grande Malato preferendo , avendo famiglia e mutuo, ritornare in Caserma e nel rispetto della privacy lavare i panni sporchi in famiglia. Poco importa se, sempre nel rispetto della privacy, i malati in barella passano con tanto di catetere e di mascherine per l’ossigeno attraverso i corridoi frequentati dal pubblico. Tanto bisogna assicurare sonni tranquilli al proprio Generale e ai politici che hanno distrutto la Sanità in Riviera del Brenta. La nostra” Macron “Serenissima può dormire tranquilla. Dolo svegliati è solo un modo di dire.
Il Comune del non luogo.
Nel Comune di Utopia agli alunni delle quinte elementari, delle terze medie e dell’ultimo anno delle superiori viene distribuito un libro adeguato all’età che dovranno commentare alla fine del primo trimestre e dopo una seconda rilettura, alla fine del secondo trimestre e così via fino all’ultimo trimestre di scuola.
Lo scopo del Comune di Utopia è quello di far scoprire ai lettori che sia la seconda sia la terza rilettura permette di cogliere sfumature, ambienti e caratteri dei personaggi che alla prima lettura erano sfuggiti. Io pensavo che il mio professore di italiano nello spiegare un testo fosse un mostro di intelligenza, ma a pensarci bene partiva avvantaggiato perché quel testo lo rileggeva ogni anno e dunque sapeva cogliere i più reconditi significati.
Da adulto ho riconosciuto nel rileggere un libro, le cui pagine sono state ingiallite dal tempo, la magia di una prospettiva diversa e che soltanto un classico è dato per sempre e in maniera sempre nuova.
Il Comune di Utopia non da premi a chi ha saputo meglio commentare un testo, ma lo riceve da chi ha saputo sfruttare il metodo e lo ha applicato in tutte le situazioni dove bisognava dare un giudizio.
Il paese di Dolo – come suona bene il termine paese – vorrà essere un paese utopico ?
Alla fine il navigatore affonda nell’oceano della propria imbecillità.
Molte sono le teorie sull’offesa gratuita che i “navigatori del web” profferiscono contro persone che molto civilmente e con cognizione di causa argomentano le loro tesi. Senza voler scomodare eminenti psicologi e psicoanalisti che in merito all’offesa ed alla aggressività hanno scritto molti libri mi limito a semplificare alla maniera di Sciascia che rimproverava a Flaubert di aver impiegato mezza pagina per descrivere il berretto di Carlo Bovary tanto era complicato. Alla fine si concludeva che quel berretto somigliava alla faccia di un imbecille. Ecco volendo semplificare al massimo direi che quelli che offendono in maniera gratuita sono dei “navigatori imbecilli” che sfogano con l’aggressività la propria impotenza culturale nel non sapere entrare nel merito delle questioni sollevate.
Il Ministro minestra e il Minestrone
Recentemente è stato aperto il < il Nuovo Ristorante Italia > un localino per pochi intimi .“Basta con le solite minestre” è lo slogan che campeggia sotto la scritta di questo originale ritrovo per degustatori di bocca buona e di stomaco delicato.
La novità è che ciascun piatto è dedicato ai Ministeri del nostro Governo e dunque le relative minestre ai Ministri. Scorrendo il menu la scelta è ampia si va dalla minestra alla Giustizia, a quella alla Sanità e così via fino alla minestra agli Esteri. Sembra che a frequentare regolarmente il ristorante al momento siano solo due avventori che per amore dell’avventura degustano le pietanze e così, il primo avventore ordina la minestra agli Esteri che è talmente buona da non lasciare se non il fondo del piatto ripulito con la famosa “ scarpetta “ e non ancora sazio chiede la minestra al Sud che si è scoperto ama particolarmente. Il secondo per non essere da meno vorrebbe degustare la minestra all’Economia, ma viene avvertito che ci vuole un po’ di tempo per la preparazione ed allora ordina il Minestrone che è un piatto dai vari sapori e contiene tutti gli ingredienti delle altre minestre. Ogni giorno l’assaggio per i due è diverso e quasi sempre ognuno intinge nel piatto dell’altro.
Un avventore non informato dei fatti e senza aver prenotato, naturalmente ha trovato posto e ha ordinato la Minestra al Senza Portafoglio. E’ stato cacciato in malo modo dal locale. Un altro avventore vedendo il locale con soltanto due avventori, un po’ titubante, è entrato e dopo essersi accomodato ha chiesto prima la minestra all’Interno e come secondo piatto quella allo Sviluppo Economico. Ebbene i due avventori abituali si sono alzati di scatto ed hanno abbandonato il locale senza pagare il conto.
La vita si sconta morendo: un aforisma invertito.
“La morte si sconta vivendo” voleva significare il rimpianto e il senso di colpa dei vivi nei confronti dei morti, la colpa di chi è rimasto in vita nei confronti di quelli che non ce l’anno fatta. La frase Ungarettiana diventata aforisma aveva come contesto storico la prima guerra mondiale combattuta al monte San Michele del Carso. L’ossimoro che unisce la morte e la vita, oggi, potrebbe essere applicato alla vicenda ILVA di Taranto e ai suoi operai.
Anche lì si combatte e non sono i proiettili dei mortai ad uccidere, ma l’inquinamento prodotto dalle acciaierie; anche questa guerra ha un ideale da difendere, quello del lavoro. Poco importa se il lavoro, il prodotto di quel lavoro uccide se è necessario per sfamare la proprie famiglie . Non è giusto quello che sta succedendo e nessuno interviene. Si accetta passivamente l’aforisma Ungarettiano. Lo accetta passivamente la Procura della Repubblica, lo accetta passivamente l’Azienda Sanitaria, lo accetta passivamente la politica che dovrebbe garantire come prima cosa il diritto alla vita. Non basta la dimostrazione scientifica di un rapporto strettissimo fra causa ed effetto. Non basta! Si va avanti con la speranza ( quest’ultima sì, sarà l’ultima a morire ) che l’area e lo stabilimento verranno bonificati, ma che ci vorranno molti anni e ancora molti morti. Allora aggiustando il tiro, perché di guerra si tratta, diremo che ciò che si accetta passivamente non è più l’aforisma del poeta così come inteso, ma il suo contrario.
Un’altra storia .
Durante un violento temporale che si è abbattuto sulla Capitale nella notte fra il sei e il sette settembre ultimo scorso è crollata la base della statua di Garibaldi al Gianicolo. A causare il crollo è stato un fulmine forse scagliato dalla mano di Giove a significare che la famosa unità della nostra Nazione ha una base molto fragile. Lontano da me voler fare un excursus anche sintetico sulla nostra Storia che vede in Garibaldi l’artefice militare della nostra “identità” di italiani. Mi limito solo ad osservare che mai fulmine fu così utile ed illuminante.
Da buon meridionale non ho mai amato Garibaldi e quando ho letto il libro “ Terroni “ di Pino Aprile non mi sono sentito solo e ancor meno solo quando ho letto “ Partita Rimandata “ di Alberto Savinio nel capitolo che dedica alla statua del nostro generale a Reggio Calabria.
La quasi totalità delle statue che rappresentano Garibaldi sono posizionate in modo da dirigere il volto verso l’agognata sua meta, Roma.
A Torino in prossimità dei Murazzi non guarda in direzione di Roma, ma in quella opposta. A Reggio Calabria come scrive Savinio “la statua di Garibaldi volge lo sguardo verso l’Aspromonte e le spalle al mare ed è collocazione assurda perché non si volgono le spalle al mare. Il mare è partenza, è avventura, è infinito e alla partenza, all’avventura, all’infinito non si volgono le spalle. E continuando “ ciascuna di queste vie o piazze Cavour, ciascuna di queste vie o piazze Vittorio Emanuele, ciascuna di queste vie o piazze Garibaldi ha ucciso una via-ricordo una piazza -ricordo . In questo e non solo in questo il Risorgimento ha instupidito l’Italia”.
Da buon meridionale non mi resta che fare l’elogio del fulmine.
Esame per una nuova patente
Ansia, preoccupazione, panico sono le facce della stessa medaglia, quella della paura. Ogni anno, se facciamo caso, ci sono nuove paure da affrontare e con le quali convivere. Fino a poco tempo fa, per esempio, attraversare un ponte non ci metteva ansia oggi con il crollo del ponte Morandi abbiamo paura di tutti i ponti e anche del “pontos” marino viatico dei migranti che invadono a “miliardi” il nostro territorio. Un’indagine promossa dalla Stampa ha evidenziato che la maggior parte degli italiani intervistati non conosce la percentuale degli immigrati presenti nel nostro territorio non solo, ignora quanti abitanti ha l’Italia e dunque è incapace di percentualizzare il dato. Alcuni sono arrivati a dire che gli immigrati in Italia sono il 20 per cento, altri il quindici altri ancora non hanno saputo rispondere. E’ solo un esempio per sostenere che gran parte del popolo non conosce le cose essenziali per poter esprimere un giudizio. Mi domando come mai questi cittadini hanno diritto al voto. Non sarebbe opportuno allora dare il certificato elettorale solo a chi ha la patente di cittadino informato non dico del massimo, ma almeno del minimo sindacale? Mi direte che questa non è democrazia e va bene.
L’ignoranza ci rende indifesi e paurosi davanti a qualsiasi evento sia esso naturale o deliberatamente voluto, quest’ultimo il più pericoloso per chi non ha le difese immunitarie della conoscenza.
Invece per quanto riguarda l’evento della trasmissione da virus West Nile noi poveri cittadini non abbiamo colpa se non quella di esserci fidati di chi, invece di preservarci da nuove paure, le ha alimentate. Anche per il ponte crollato vale la stessa cosa.
In fondo al mare
Il soggetto della filosofia non è << un io marionetta >> è uno sicuro e indipendente che sulla certezza di sé fonda tutte le certezze del mondo. La psicologia, in contrasto con l’orientamento che la filosofia si impone, sostiene che l’io è un << attore di un testo teatrale che cambia continuamente >> e che esso << non ha il controllo totale delle proprie azioni >>.
Nella moltitudine e cioè in quello che chiamiamo popolo – oggi – io vedo l’attore che cambia continuamente perché non ha più il controllo delle proprie azioni e dunque non ha le certezze di un testo scritto a monte. Nel vasto mare dell’esistenza a differenza dei pesci non ha direzioni da seguire e dunque gli sfugge l’approdo dove potersi moltiplicare per poi dare un senso all’esistenza. Vive all’interno di una rete che non è quella del pescatore che a notte fonda sotto la luce della lampara la sparge in mare , ma in una molto più vasta portata a strascico dalla tecnica che la guida verso l’incertezza del destino e cioè della destinazione dove approdare. Intrappolato nelle strette maglie della rete la moltitudine crede di muoversi liberamente e scimmiotta come sanno fare bene le marionette. Soltanto chi sa individuare fra le strette maglie della “rete” una via di fuga sarà indipendente e sulla sua certezza fonderà le certezze del mondo.
In “fondo”, nel senso del mare, la moltitudine è sempre alla ricerca di un autore che la rappresenti e forse questa volta l’ha trovato.