“Memento mori “ così la locuzione latina veniva diretta a chi dopo i trionfi in guerra ritornava pieno di onori e di gloria in patria. In genere veniva profferita da uno della plebe che ricordava il destino umano a cui nessuno poteva sottrarsi. Con il passare del tempo scaramanticamente abbiamo dimenticato il monito e abbiamo inventato la frase del “ci vediamo domani” come una certezza puntuale che si deve verificare. Scopriamo che non è così solo ora e ci accorgiamo che il “forse” è l’avverbio più adatto a rappresentare il nostro essere mortali. L’immagine delle scatolette di cartone contenente i resti umani ridotti in cenere ed accatastate in lunghe pile nei capannoni cinesi, nella sua amara realtà ci dice che non si dovrebbe morire cosi, come tonni in scatola. Ricordo di aver letto nei Persiani di Eschilo la frase : “ che all’uomo non conviene concepire orgogliosi disegni perché l’orgoglio fa maturare le spighe della colpa fiorendo, onde poi miete abbondevoli messi di pianto”. Ecco “forse” se avessimo agito ricordando il monito del memento mori non avremmo sfidato il cielo e la terra . Prometeo ci ha regalato con fuoco il progresso e forse non ha previsto che l’avremmo trasformato in sviluppo. Forse non avrebbe sofferto invano.
Forse usciremo indenni dalla pandemia e cambieremo. “ Forse”.